La terra inumana by Jósef Czapski

La terra inumana by Jósef Czapski

autore:Jósef Czapski [Czapski, Jósef]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2023-02-23T23:00:00+00:00


Guardo a quel grjaduščij den’ dal 1939 e vedo solo morte, lager, svilimento dell’essere umano.

XV

JANGIJUL’ II

In quello stesso marzo del 1942, nelle alte sfere era in corso un’aspra lotta per la sopravvivenza stessa dell’armata polacca in Unione Sovietica. Il nostro comando era stato improvvisamente informato dall’intendenza del distretto centroasiatico che dal 20 del mese corrente avremmo ricevuto solo quarantamila razioni di cibo,66 malgrado il fatto che, avendo Stalin acconsentito ancora in dicembre all’ampliamento dell’esercito a novantaduemila unità, all’inizio di marzo avevamo già settantacinquemila effettivi, e il numero aumentava di giorno in giorno. Nonostante i divieti e le crescenti restrizioni ai viaggi ferroviari, non c’era giorno che non arrivassero ai nostri reparti nuovi contingenti di «reclute».

L’inatteso dimezzamento delle razioni per i soldati poneva l’esercito in una situazione tragica. Anders inviò subito un telegramma per chiedere udienza a Stalin. Nel telegramma di risposta, datato 9 marzo, con cui invitava Anders a conferire a Mosca, Stalin spiegava la necessità di ridurre la quantità di razioni con il mancato arrivo delle promesse forniture di grano americano a causa dello scoppio del conflitto col Giappone. «Malgrado ciò,» scriveva testualmente Stalin nel telegramma «ho ottenuto, pur con grandi difficoltà, che l’attuale livello di approvvigionamento dell’armata polacca in URSS sia mantenuto fino al 20 marzo. Dopo tale data sarà necessario ridurre il numero delle razioni destinate all’armata polacca a non più di quarantamila».

Un paio di giorni dopo Anders volò a Mosca, dove venne ricevuto al Cremlino il 18 marzo. Stalin chiese allora la riduzione della consistenza dell’armata da sette divisioni (numero stabilito in dicembre) a tre divisioni più un reggimento di riserva. Il resto dei soldati già reclutati sarebbe dovuto tornare nei kolchoz, nelle miniere, nei boschi, insomma ai lavori forzati.

Anders sapeva bene che quello era solo l’inizio dello smantellamento dell’armata per come era stata concordata in dicembre dal generale Sikorski durante la sua visita a Mosca. Sapeva anche che, se avesse avallato quella decisione, avrebbe condannato da un giorno all’altro metà dei suoi soldati a qualcosa che per molti era peggiore della morte: la prigionia e la fame. In quell’ora e mezzo di udienza riuscì a ottenere dal dittatore l’assenso all’evacuazione in Iran di tutti i reparti che la Russia non era in grado di sfamare.67

La notizia della parziale evacuazione dalla Russia si diffuse in fretta fra le masse di polacchi sparse su tutto il territorio russo, suscitando una tale emozione che nemmeno noi che ne siamo stati testimoni siamo in grado oggi di rappresentarne adeguatamente la forza. La valanga di polacchi che, dai lager e dai kolchoz del profondo Nord, si riversavano a sud verso i nostri reparti, verso le nostre divisioni, si intensificò ancor di più. Le aride terre del Turkestan, sede di centinaia di kolchoz dove prima della guerra si piantava soltanto cotone vivendo del frumento che giungeva dalla Russia centrale, erano ora la meta agognata da schiere di civili, donne, vecchi, bambini scheletrici, che con le loro ultime forze raggiungevano i soldati polacchi nella speranza di abbandonare insieme a loro la Russia sovietica.



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